Natale!…bello e brutto insieme.

Siamo qui anche quest’anno a dirci che non ne possiamo più del Natale, che è una festa per bambini mentre l’adulto è, ancora di più, oberato di cose da fare e da pensare.

Ci sforziamo di essere presenti a una festa che troviamo pesante da organizzare.

Ci sforziamo perché è la festa dei bambini e della famiglia e magari non abbiamo né gli uni, né l’altra.

Osserviamo gli altri, ci paragoniamo, ci sentiamo inadeguati.

 Eppure, nonostante tutto, non riusciamo a fare a meno di fare gli auguri, di portare un piccolo presente e, se abitiamo lontano, torniamo a trovare i parenti.

E’ come se fossimo condotti in modo automatico da una forza superiore; siamo critici, divergenti, eppure siamo qui a fare cose per il Natale, anche quest’anno.

Il fatto è che, al di là se siamo cattolici o meno, è un rituale a cui da secoli abbiamo affidato una simbolica ri-partenza.

Un punto di fine e un punto di inizio di una complessa realtà interiore e sociale.

E’ una conclusione e l’inizio dei “buoni propositi” che propiziamo con un ricco banchetto, portando doni e augurando il bene e così, anticipiamo l’imminente futuro che (almeno all’inizio) ci appare ricco di audaci promesse.

Infine, il Natale si presenta a noi in un tempo in cui la natura è dormiente, tutto è placato nell’attesa del sole primaverile, le energie vengono risparmiate per far fronte alle temperature più rigide e ogni cosa appare in stallo. Ecco che giunge il Natale a rivitalizzare il presente sonnolento e, ogni cosa, prende nuovamente colore.

Così, il Natale scandisce il tempo simbolico di tutti, è come partire tutti insieme allo start; è un rito sociale antico, un modo attraverso cui, ripetendo gli stessi gesti, le stesse azioni, le stesse parole, la comunità si consolida e si plasma.

Per questo, restiamo ambivalenti rispetto a questa festa che, per certi versi, ci appare obsoleta e che, per altri, ci radica nella comunità di appartenenza.

Per questo ci piace e non ci piace, la amiamo e la troviamo insopportabile.